Con questo termine (che in inglese si traduce con la locuzione Anti money laundering) si identifica l’azione di prevenzione e di contrasto del riciclaggio di denaro, beni o altre utilità.
Riciclare denaro, beni o altre utilità significa utilizzare proventi illeciti, capitali ottenuti da attività illecite; in questo modo i beni che sono frutto di reati vengono reintrodotti nei circuiti economici finanziari legali.
Nel nostro ordinamento il reato di riciclaggio è previsto dall’art. 648 bis del Codice Penale il quale, in particolare, statuisce che compie il reato “chi sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo” e chi ostacola l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
Da punto di vista legislativo, il Decreto di riferimento in materia di antiriciclaggio è il n. 231/2007 che recepisce la Direttiva Europea 2005/60/CE e prevede una serie di adempimenti che hanno la finalità di proteggere la stabilità e l’integrità del sistema economico finanziario.
I soggetti destinatari sono le banche, le istituzioni finanziarie, le assicurazioni e i professionisti.
Si segnala che nel mese di gennaio del 2015 il Consiglio dell’Unione europea e del Parlamento europeo hanno messo a punto la IV Direttiva antiriciclaggio. Si tratta di un accordo tra gli Stati europei che ha la finalità di regolamentare il trasferimento dei fondi, introducendo nell’Ue le raccomandazioni della Financial action task force.
L’aspetto più rilevante consiste nel cosiddetto Registro pubblico centrale obbligatorio per ogni Stato membro, in cui dovranno essere riportati i dati che fanno riferimento alla proprietà effettiva delle società e ogni operazione finanziaria in cui sono coinvolte le aziende di quello Stato.
Si segnala, infine, che la legge di stabilità 2016 ha previsto l’aumento della soglia per le transazioni in contanti e la soppressione delle norme che riguardano le modalità di pagamento dei canoni di locazione e la filiera dei trasporti su strada.