Il codice civile, all’art. 2555, definisce l’azienda come il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa.
Tra i “beni” dell’azienda un ruolo cruciale è ovviamente svolto dalla forza lavoro che rappresenta anche un elemento rispetto al quale si procede alla classificazione dell’azienda.
Con il Regolamento CE n.364/2004 del 25 febbraio 2004, infatti, la definizione per le Piccole e Medie Imprese (PMI) è stata così stabilita:
- microimpresa: meno di 10 occupati e un fatturato annuo oppure, un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro;
- piccola impresa: meno di 50 occupati e un fatturato annuo, oppure, un totale di bilancio annuo non superiore a 10 milioni di euro;
- media impresa:meno di 250 occupati e un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro, oppure un totale bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro.
L’ordinamento prevede, inoltre, che l’applicazione, o meno, di una determinata normativa giuslavoristica e previdenziale all’azienda dipende dal numero di lavoratori che vi operano.
Contare il numero di lavoratori di un’azienda può essere ritenuta un’operazione semplice ed immediata. Invece non lo è. Infatti, l’organico dell’azienda non è la risultante della somma algebrica di tutte le tipologie di collaboratori che vi prestano servizio.
L’azienda può essere oggetto di cessione nel suo intero complesso nonché nelle sue singole parti, comprensivo della titolarità dei contratti, dei suoi crediti e debiti, dei diritti reali di godimento.
Qualora non sia diversamente stabilito, l’acquirente subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale.
Per quanto riguarda il personale dipendente, in caso di trasferimento d’azienda la legge stabilisce che il rapporto di lavoro continua con l’acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.
Proprio sul tema trasferimento d’azienda e diritti del lavoratore è intervenuta di recente la Corte di Giustizia Europea(procedimento del 6 settembre 2011, C n. 108/2011) che ha ribadito il principio, già consolidato nel nostro ordinamento, secondo cui il trasferimento d’azienda non può provocare “un trattamento retributivo peggiorativo per i dipendenti ceduti sia rispetto ai lavoratori già in servizio presso l’impresa concessionaria, sia rispetto al trattamento precedentemente corrisposto”.
L’alienante e l’acquirente, nell’ipotesi di trasferimento d’azienda, sono obbligati in solido per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento.