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Contratto corporativo

Con questa terminologia si fa riferimento ai contratti collettivi stipulati nel periodo fascista.

Al contratto corporativo infatti si riconosceva efficacia erga omnes in quanto applicabile a tutti i datori di lavoro e lavoratori appartenenti ad un determinato settore, anche non iscritti alle associazioni stipulanti.

Alla Confederazione delle corporazioni fasciste e alla Confederazione generale dell’industria italiana venne infatti riconosciuto dal governo fascista il monopolio per la stipulazione dei contratti collettivi.

Per mezzo dalla legge 563/1926 venne inoltre sancito il principio secondo cui veniva riconosciuta, con personalità di diritto pubblico, una sola organizzazione sindacale “per ciascuna categoria di datori di lavoro, lavoratori, artisti o professionisti”. Ogni categoria professionale aveva dunque un proprio sindacato, il quale era un soggetto di diritto pubblico, cioè un organo dello Stato.

Il contratto corporativo venne infine inserito tra le fonti del diritto con il Codice Civile del 1942 .

L’articolo 2077 cc. infatti stabiliva che “i contratti individuali di lavoro tra gli appartenenti alle categorie alle quali si riferisce il contratto collettivo devono uniformarsi alle disposizioni di questo” e “le clausole difformi dei contratti individuali, preesistenti o successivi del contratto collettivo, sono sostituite di diritto da quelle del contratto collettivo salvo che contengano speciali condizioni più favorevoli al lavoratore”.

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