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Dirigente

L’art. 2095 c.c. prevede che “i prestatori di lavoro subordinato si distinguono in dirigenti, quadri, impiegati ed operai. Le leggi speciali e le norme corporative), in relazione a ciascun ramo di produzione e alla particolare struttura dell’impresa, determinano i requisiti di appartenenza alle indicate categorie.”
Dalla scarna definizione del codice si deduce semplicemente che i dirigenti si inseriscono all’interno del rapporto di lavoro subordinato, in particolare al primo posto nell’ordine delle categorie dei prestatori subordinati.
 
La particolarità della figura del dirigente deriva dall’autonomia e dall’ampia discrezionalità delle decisioni nonché, infine, dall’ampiezza delle funzioni idonee ad influire sull’effettiva conduzione dell’azienda o di un suo ramo autonomo.

La Cassazione ha stabilito che, in assenza di una definizione ex lege della categoria dei dirigenti, un lavoratore subordinato possa essere inquadrato nella qualifica dirigenziale qualora:

  • abbia una particolare sfera di autonomia e discrezionalità nel prendere decisioni
  • sia caratterizzato dalla mancanza di una vera e propria dipendenza gerarchica
  • l’ampiezza delle sue funzioni sia tale da poter agire come una sorta di alter ego dell’imprenditore, preposto alla conduzione dell’intera azienda o di un ramo di essa (Cassazione 22/1/1999 n. 618)
Devono, quindi, considerarsi dirigenti non solamente coloro che partecipano alle scelte strategiche dell’impresa, ma anche coloro che hanno la funzione di attuare tali scelte.
Ai dirigenti non si applica la normale disciplina dell’orario di lavoro in ragione della natura e delle caratteristiche di questa particolare categoria di lavoratori. Tuttavia, nonostante tale previsione, la Cassazione ha più volte stabilito che il dirigente avrà diritto ad un ulteriore compenso, per prestazioni di lavoro straordinario, nel caso in cui le norme collettive delimitino un orario normale di lavoro e questo venga superato o qualora la durata della prestazione lavorativa ecceda i limiti della ragionevolezza (Sent.Cass.29/1/1999, n. 820) (Cassazione del 28/9/1995, n.10250).
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