La nostra legislazione stabilisce che la sussistenza dell’infezione HIV non può costituire motivo di discriminazione, in particolare per l’iscrizione alla scuola, per lo svolgimento di attività sportive, per l’accesso o il mantenimento di posti di lavoro.
Ne consegue che il lavoratore sieropositivo ha il diritto di non essere discriminato nello sviluppo della sua professionalità. Tale diritto di esplica in una serie di obblighi e divieti in capo al datore di lavoro.
Ai datori di lavoro pubblici e privati è vietato lo svolgimento di indagini sulla sieropositività dei dipendenti e sono da ritenere illegittimi i controlli sanitari volti ad accertare la contrazione del virus.
Al datore di lavoro pubblici e privati, inoltre, è vietato lo svolgimento di queste indagini anche su in persone prese in considerazione per l’instaurazione di un rapporto di lavoro.
La Corte di Cassazione ha stabilito che costituisce reato lo svolgimento di indagini riguardanti l’eventuale sieropositività sugli assumendi e per tale motivi è da ritenere illegittimo un eventuale rifiuto da parte del datore di lavoro all’assunzione di sieropositivi, motivata esclusivamente dalla scoperta della sieropositività a seguito di visita medica o analisi del sangue.
Il divieto di indagini sulla sieropositività si esplica non soltanto nel divieto di controlli sanitari ma anche nel divieto di indagini, dirette o indirette, attraverso l’assunzione di informazioni private o attraverso altri mezzi investigativi.