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Indumenti di lavoro

Molte aziende mettono a disposizione dei propri dipendenti indumenti di lavoro necessari all’espletamento dell’attività lavorativa.

La ragione per cui il datore può decidere di fornire indumenti di lavoro ai propri dipendenti è di evitare ai lavoratori stessi l’eccessiva usura degli indumenti personali, motivo per cui in sostituzione degli indumenti da lavoro è possibile corrispondere un’indennità cd di vestiario o per logorio indumenti.

Secondo la Circolare dell’INPS n. 246 del 17 giugno 1976 l’eventuale indennizzo per logorio di indumenti, corrisposta in sostituzione della fornitura di indumenti da lavoro, non può rientrare nella voce “rimborsi a pie’ di lista” poiché risultano un rimborso di spese non documentate e avente carattere forfettario.

Di norma si ritiene che gli indumenti di lavoro messi a disposizione del lavoratore non costituiscono alcun vantaggio aggiuntivo alla retribuzione, a meno che non ci sia un uso personale extra-lavoro.

Nel caso, infatti, gli indumenti da lavoro vengano usati anche per uso personale (es. smoking, abbigliamento di lusso, abiti civili) si configura un utilizzo personale di un bene aziendale acquisendo rilevanza a fini contributivi e fiscali. In tal caso è necessario determinare il controvalore dell’uso personale dgli indumenti da lavoro e scegliere tra due opzioni:
  • addebitare con regolare fattura al dipendente il controvalore
  • considerare il controvalore come retribuzione
Rientra in un’accezione allargata di indumenti di lavoro il c.d. DPI, dispositivo di protezione individuale, inteso come qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, che rientra nel complesso di norme relative alla sicurezza sul lavoro (D.Lgs. n. 81/08).
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