Il contratto a tempo determinato è un contratto di lavoro subordinato che prevede un termine finale.
L’apposizione del termine al contratto risulti da atto scritto, salvo per una durata inferiore ai 12 giorni. L’atto scritto dev’essere consegnato al lavoratore entro 5 giorni lavorativi dall’inizio della prestazione.
La previgente normativa (D.Lgs. n. 368 del 2001) prevedeva che l’apposizione del termine al contratto di lavoro era ammessa esclusivamente per ragioni di carattere: tecnico, organizzativo ovvero sostitutivo.
La Legge 92/2012 (c.d. Riforma Fornero) ha previsto una prima sorta di liberalizzazione dell’istituto, introducendo la facoltà di stipulare un contratto a tempo determinato senza l’obbligo di addurre alcuna motivazione alcuna purché si trattasse della prima stipulazione e il contratto non avesse durata superiore ai 12 mesi. Con la Legge n.78/2014 (Legge di conversione del DL 34/2014) il contratto a termine si è liberato definitivamente della causale.
Col D. Lgs. 81/2015, attuativo del Jobs Act, infine, la disciplina del contratto a tempo determinato non ha subito rilevanti modifiche, ma è stata compiuta un’opera di riordino e semplificazione della normativa, che ora è interamente disciplinata dal Capo III del medesimo Decreto (artt. dal 19 al 29).
Ai sensi dell’art. 19 D.Lgs 81/2015 il contratto a tempo determinato può avere una durata massima di 36 mesi per mansioni di pari livello e categorie legali. L’eventuale superamento di tale soglia dà luogo alla trasformazione a tempo indeterminato ex nunc (dunque dalla data del superamento). Nella nuova normativa sono stati espressamente esclusi da tale limite i lavoratori stagionali.
Altra novità riguarda il contratto in deroga alla durata massima da stipularsi presso la DTL (Direzione Territoriale del Lavoro), il quale può avere una durata massima di 12 mesi.
L’articolo 20 del decreto legislativo 81/2015 dispone che l’apposizione di un termine alla durata di un contratto di lavoro subordinato non è ammessa:
a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
b) presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi a norma degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991, che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che il contratto sia concluso per provvedere alla sostituzione di lavoratori assenti, per assumere lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, o abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi;
c) presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato;
d) da parte di datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
In caso di violazione di tali divieti il contratto di lavoro si trasforma in contratto a tempo indeterminato.
All’interno dei 36 mesi, possono essere disposte massimo 5 proroghe, a prescindere dall’attività lavorativa. In caso di superamento del numero massimo di proroghe, il contratto si trasformerà a tempo indeterminato dalla decorrenza della sesta proroga.
Viene ripresa inoltre l’obbligatorietà dello “stop and go”: qualora il lavoratore sia riassunto a tempo determinato entro 10 giorni (se il contratto ha una durata fino a 6 mesi) ovvero 20 giorni (se il contratto ha una durata superiore a 6 mesi), il secondo contratto si trasforma a tempo indeterminato.
In caso di continuazione del rapporto oltre la scadenza del termine, ai sensi dell’art. 22 D.Lgs 81/2015, fermo restando il limite massimo di 36 mesi, è prevista una maggiorazione retributiva:
- del 20% ove il rapporto di lavoro superi il termine contrattuale stabilito fino a 10 giorni;
- del 40% per ogni giorno ulteriore.
Laddove il rapporto continui oltre il 30esimo (se il contratto è inferiore a 6 mesi) ovvero oltre il 50esimo (se il contratto ha durata superiore a 6 mesi) il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini.
E’ previsto un limite massimo quantitativo dei contratti a termine stipulatili: il 20% del numero dei lavoratori presenti al 1 gennaio dell’anno di assunzione, in riferimento ai lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento dell’assunzione. Tale limite quantitativo è ora derogabile dai contratti collettivi (ad ogni livello). Inoltre, è espressamente concessa una deroga a tali limiti per:
- • start up innovative
- lavoratori sopra i 50 anni
- università pubbliche e private (in cui la durata del contratto corrisponderà alla durata del progetto di ricerca).
In caso di violazione delle dei limiti quantitativi suddetti è prevista una sanzione amministrativa, ma viene esclusa la trasformazione a tempo indeterminato.
Il lavoratore che abbia prestato un’attività lavorativa per un periodo superiore a 6 mesi (salvo diversa disposizione contratti collettivi, anche aziendali), è titolare di un diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i 12 mesi successivi, con riferimento a mansioni già espletate in esecuzione del rapporto a termine. Il lavoratore deve manifestare la propria volontà per iscritto entro 6 mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro (3 mesi per gli stagionali).
Laddove il lavoratore volesse fare valere l’illegittimità del contratto a tempo determinato, deve impugnare il contratto entro 120 giorni dalla data di cessazione del contratto. Dall’impugnazione decorro 180 giorni per la costituzione in giudizio. Nel caso in cui il giudice disponga la trasformazione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato, il datore dovrà pagare una indennità onnicomprensiva tra le 2,5 e le 12 mensilità (ex art. 8 L. 604/66), che ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore.
Sono esclusi dalla disciplina del contratto a tempo determinato, in quanto disciplinati da specifiche normative:
1) I lavoratori iscritti alle liste di mobilità;
2) i rapporti di lavoro nell’agricoltura;
3) i richiami in servizio del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Sono altresì espressamente esclusi dal campo di applicazione degli artt. 19-28 D.Lgs 81/15:
a) i contratti di lavoro a tempo determinato con i dirigenti, che non possono avere una durata superiore a cinque anni, salvo il diritto del dirigente di recedere a norma dell’articolo 2118 del codice civile una volta trascorso un triennio;
b) i rapporti per l’esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a tre giorni, nel settore del turismo e dei pubblici esercizi, nei casi individuati dai contratti collettivi, fermo l’obbligo di comunicare l’instaurazione del rapporto di lavoro entro il giorno antecedente;
c) i contratti a tempo determinato stipulati con il personale docente ed ATA per il conferimento delle supplenze e con il personale sanitario, anche dirigente, del Servizio sanitario nazionale;
d) i contratti a tempo determinato stipulati ai sensi della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (“Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché’ delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario”).