Nell’ordinamento giuridico italiano il contratto di lavoro si presume sottoscritto a tempo indeterminato, salvo per i casi espressamente previsti dalla legge.
L’art. 1 D.Lgs. 81/2015 dispone infatti che “il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro”.
Il lavoro a tempo indeterminato è strettamente correlato al lavoro subordinato e trae le sue origini dall’art. 2094 del Codice Civile il quale recita che “E’ prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.”
Il contratto di lavoro a tempo indeterminato per sua stessa definizione, non ha scadenze, e può essere stipulato sia a tempo pieno che part-time.
Al contratto a tempo indeterminato può essere apposto un periodo di prova che viene stabilito dal CCNL di riferimento. Tale periodo deve derivare da atto scritto convalidato da entrambe le parti. Durante il periodo di prova sia il lavoratore che il datore di lavoro possono interrompere il rapporto di lavoro.
La cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato può avvenire in tre casi:
- per risoluzione consensuale tra le parti
- per decisione unilaterale del datore di lavoro (licenziamento)
- per decisione unilaterale del lavoratore (dimissioni)
Quando entrambe le parti concordano sulla volontà di interrompere il rapporto di lavoro non si applica né il regime di limitazione dei licenziamenti individuali né quello delle dimissioni. L’accordo è vincolante per le parti e normalmente non si osserva il preavviso, né è dovuta l’indennità sostitutiva dello stesso.
In caso di licenziamento nel rapporto di lavoro tempo indeterminato, il datore di lavoro potrà rescindere dal contratto solo in determinati casi ed in presenza di valide motivazioni. Il licenziamento può essere intimato per:
- giusta causa
- giustificato motivo (soggettivo e oggettivo)
Sia il licenziamento per giusta causa che per giustificato motivo soggettivo vengono intimati per ragioni direttamente collegate alla condotta del lavoratore. La differenza consiste nel fatto che la giusta causa si sostanzia in un comportamento talmente grave da non consentire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto mentre il licenziamento per giustificato motivo soggettivo, nonostante sia determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore, tale comportamento non è così grave da rendere impossibile la prosecuzione provvisoria del rapporto. Il datore di lavoro in questo caso ha l’obbligo di dare il preavviso.
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo invece è legato a ragioni inerenti l’ attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa. Le ipotesi più frequenti di licenziamento per giustificato motivo oggettivo sono costituite dalla cessazione dell’attività produttiva e dalla soppressione del posto o del reparto cui è addetto il lavoratore con l’onere della prova a carico del datore di lavoro.
Il licenziamento per qualsiasi causa o motivazione deve essere sempre intimato per iscritto e nel rispetto della procedura prevista dalla legge.
L’esistenza e la legittimità del motivo posto alla base del licenziamento, come il rispetto delle procedure stabilite dalla legge per la sua intimazione possono formare oggetto di verifica e sindacato da parte del giudice in caso di impugnazione del licenziamento.
Le dimissioni consistono invece in un atto volontario del lavoratore, che non deve essere viziato (da minaccia, errore o incapacità) nella sua formazione. In caso di dimissioni, il rapporto di lavoro tempo indeterminato verrà sciolto dopo il periodo di preavviso o in sua mancanza dopo il pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso al datore di lavoro (salvo dimissioni per giusta causa).