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Licenziamento illegittimo

Al lavoratore viene riconosciuta la possibilità di impugnare l’atto di licenziamento qualora ritenga che sia illegittimo, ovvero quando il licenziamento sia avvenuto senza una giusta causa o un giustificato motivo oggettivo/soggettivo.

L’impugnazione è di norma proposta dal lavoratore personalmente, oppure o dal sindacato a cui è iscritto o da un legale rappresentante, munito di procura speciale.

Per impugnare il licenziamento illegittimo è sufficiente qualsiasi atto scritto con cui il lavoratore comunica al datore di lavoro la sua intenzione di contestare la legittimità dell’atto.
L’impugnazione dell’atto di licenziamento illegittimo deve avvenire entro 60 giorni dalla sua comunicazione, se non viene impugnato entro tale termine il lavoratore non potrà più contestare tale atto.
Con riferimento alla tutela prevista dal nostro ordinamento laddove il licenziamento sia illegittimo, le importanti novità apportate dalla legge n. 92/2012 (c.d. Riforma Fornero), in vigore dal 18 luglio 2012, e dal D.Lgs. 23/2015 (per i “contratti a tutele crescenti”), in vigore dal 7 marzo 2015, impongono di operare una distinzione tra:
  • la tutela reale prevista dall’impianto normativo di cui all’art. 18 della legge n. 300/1970 e all’art. 2 della legge n.108/1990;
  • la tutela apprestata dalla Riforma del lavoro del 2012 per la quale la tutela “reale” è stata mantenuta solo per alcune specifiche, e più gravi, fattispecie;
  • la tutela prevalentemente risarcitoria a “crescente” in base all’anzianità di servizio, disposta dal D.Lgs. 23/2015.
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