Le donne lavoratrici sono destinatarie di una speciale tutela legislativa e costituzionale nel corso della maternità.
L’art. 32 della Costituzione, infatti, afferma che lo Stato italiano agevola con misure economiche la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi (come, ad esempio, la cura dei figli), con particolare riguardo alle famiglie numerose e protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.
Il successivo art. 37 dispone che le condizioni di lavoro devono assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione.
Nel 2001 è stato emanato il D.Lgs n.151, modificato successivamente dal D.Lgs n.115/2003, nel quale è raccolta tutta la disciplina di tutela e di sostegno della maternità e della paternità.
Alla lavoratrice madre viene riconosciuto il “congedo di maternità” pari a cinque mesi complessivi, l’unico congedo rimasto obbligatorio, al fine di tutelare la salute della madre e del bambino. L’inosservanza di tale disposizione viene punita anche penalmente, con la pena dell’arresto.
Durante il congedo di maternità, le lavoratici hanno diritto a percepire un’indennità giornaliera pari all’80% della propria retribuzione normale, a carico dell’Inps, anche se solitamente il datore di lavoro ha l’obbligo di anticiparla (con diritto ad un successivo conguaglio). L’indennità continua ad essere corrisposta anche in caso di licenziamento per giusta causa, cessazione dell’azienda o scadenza del termine.
Il diritto al congedo di maternità è riconosciuto a tutte le lavoratrici subordinate, parasubordinate, (quest’ultime però devono aver versato alla gestione separata Inps almeno tre mensilità di contribuzione nei dodici mesi precedenti), e alle collaboratrici a progetto, le quali hanno diritto anche ad una proroga di 180 giorni della durata del contratto.
Le lavoratrici in maternità non possono essere licenziate dall’inizio del periodo di gravidanza fino al compimento del primo anno del bambino; il licenziamento intimato durante questo periodo è pertanto nullo, salvo i casi di colpa grave, cessazione dell’attività aziendale, scadenza del termine od esito negativo della prova. Il Testo Unico n. 151/2001 prevede altresì che le dimissioni presentate dalla lavoratrice in maternità devono essere convalidate presso il servizio ispettivo della Direzione provinciale del lavoro.
Al termine del periodo di congedo di maternità, la lavoratrice ha, pertanto, il diritto a rientrare sul posto di lavoro, ad essere adibita alle sue mansioni precedenti o a quelle equivalenti.