Il D.Lgs 81/2015, negli articoli da 4 a 12, detta la nuova disciplina del lavoro a tempo parziale (mentre la normativa contenuta nel D.Lgs 61/2000 è stata esplicitamente abrogata).
Ad oggi il tempo parziale è stato definito in via indiretta dall’art. 4 D.Lgs 81/15, che dispone: “Nel rapporto di lavoro subordinato, anche a tempo determinato, l’assunzione può avvenire a tempo pieno, ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 8 aprile 2003 n. 66, o a tempo parziale”.
Pertanto è possibile definire come tempo parziale il contratto in cui è dedotto un orario inferiore a quello di cui all’art. 3 D.Lgs 66/2003 (40 ore settimanali), ovvero alla durata inferiore prevista dal contratto collettivo di riferimento.
L’art. 5 del D.lgs 81/2015 richiede la forma scritta del contratto di lavoro a tempo parziale solo “ai fini della prova”. Nel contratto dev’essere indicata puntualmente la durata della prestazione lavorativa e la collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.
Ogni modifica unilaterale operata dal datore di lavoro è da ritenere illegittima e priva di effetto, salvo che siano state stipulate della clausole elastiche per l’aumento o la diversa collocazione dell’orario di lavoro.
Il lavoratore part-time ha i medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno comparabile, ed il suo trattamento economico e normativo è riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa.
Quando l’organizzazione del lavoro è articolata in turni, l’indicazione di cui sopra può avvenire anche “mediante rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite” (tale novità verrà approfondita nel paragrafo seguente relativo alle clausole elastiche).
Non essendovi più una distinzione tra part time orizzontale e verticale, è cambiata la disciplina relativa alle clausole elastiche. Per clausole elastiche si intendono sia le clausole volte all’ampliamento dell’orario di lavoro, sia le clausole funzionali alla variabilità della collocazione (nella precedente normativa venivano denominate, rispettivamente, “elastiche” e “flessibili”).
Possiamo distinguere:
1. Laddove siano previste clausole elastiche nel contratto collettivo applicato: le parti del contratto di lavoro a tempo parziale possono pattuire per iscritto clausole elastiche, relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa, ovvero relative alla variazione in aumento della sua durata nel rispetto di quanto previsto dal contratto collettivo.
2. Le clausole elastiche possono essere previste anche in assenza di contrattazione collettiva, ma dovranno essere certificate presso le apposite commissioni di certificazione, con facoltà del lavoratore di farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro. In esse dovranno essere definite, a pena di nullità, le condizioni e le modalità con le quali il datore, con preavviso di 2 giorni, può modificare la collocazione temporale della prestazione lavorativa o variarne in aumento la durata: quest’ultima non può eccedere il 25% della normale prestazione annua a tempo parziale.
Le modifiche all’orario di lavoro, sia in estensione che come variabilità, determinano in favore del lavoratore una maggiorazione retributiva onnicomprensiva pari al 15% delle retribuzione oraria globale di fatto.
Si rileva, infine, come il comma 8 dell’art. 6 specifichi che “il rifiuto del lavoratore di concordare variazioni dell’orario di lavoro non costituisce giustificato motivo di licenziamento”.
Un’importante novità introdotta dal D.Lgs. 81/2015 è la disposizione che la collocazione possa avvenire anche mediante il rinvio a turni programmati articolati su fasce orarie prestabilite.
Il lavoro Supplementare comprende quelle prestazioni svolte oltre l’orario ridotto concordato fra le parti, “anche in relazione alle giornate, alle settimane o ai mesi” (la disciplina previgente prevedeva esclusivamente l’aumento delle ore giornaliere).
Laddove il contratto collettivo non disciplini il lavoro supplementare, il datore di lavoro ha la facoltà di richiedere lo svolgimento di prestazioni supplementari in misura non superiore al 25% delle ore settimanali concordate. In tale ipotesi il lavoratore potrà rifiutare solo ove giustificato da comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale. Oltre il 25% sarà necessario in consenso del lavoratore.
Il lavoro supplementare è retribuito con una maggiorazione del 15 % della retribuzione oraria globale di fatto, comprensiva dell’incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti.
Il lavoratore può chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale o entro i limiti del congedo ancora spettante (ai sensi del Capo V del D.Lgs. 26.3.2001, n. 151) la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, con una riduzione di orario non superiore al 50%. Il datore di lavoro è tenuto a dar corso alla trasformazione entro 15 giorni dalla richiesta (art. 8, co. 7, D.Lgs. 81/2015).
Ai fini dell’applicazione di qualsiasi disciplina per cui sia rilevante il computo, i lavoratori a tempo parziale sono computati in proporzione all’orario svolto proporzionato al tempo pieno.
L’art. 10 del D.Lgs 81/2015 riprende, semplificando, il dispositivo precedentemente per cui, in assenza di prova scritta (anche in riferimento alla durata della prestazione lavorativa), su domanda del lavoratore è dichiarata la sussistenza tra le parti di un rapporto a tempo pieno.