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Rinuncia e transazione

La rinuncia è una “dichiarazione unilaterale” di volontà, con la quale un soggetto decide di non esercitare più un suo diritto certo, determinato o determinabile.
Perché la rinuncia sia valida, occorre che il lavoratore rinunci, in tutto o in parte, consapevolmente e volontariamente a determinati diritti derogabili.
Ai sensi dell’art. 1965 Cod. civ., la transazione è un contratto con il quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine ad una lite già insorta o prevengono una lite che stia per sorgere tra loro.
Pertanto la transazione:
– presuppone l’incertezza in merito alla spettanza o meno dei diritti oggetto delle transazioni;
– costituisce un atto bilaterale (contratto);
– comporta la previsione di “reciproche concessioni” tra le parti.
La volontà del lavoratore di rinunciare o transigere ad un proprio diritto deve risultare espressamente da una dichiarazione o dal suo comportamento concludente. La rinuncia e la transazione non possono essere desunti dal mero silenzio o dall’inerzia del prestatore di lavoro.
L’atto di rinuncia di “diritti disponibili” (derogabili) da parte del lavoratore non è impugnabile. Il lavoratore, infatti, può rinunciare liberamente a diritti previsti da norme derogabili di legge, dei C.c.n.l. o derivanti dal contratto individuale di lavoro, ad esempio: il periodo di preavviso, la risoluzione consensuale, il diritto ai trattamenti economici derivanti da pattuizioni individuali (come i superminimi), le dimissioni.
Al contrario le rinunce e le transazioni, che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da “disposizioni inderogabili” della legge e dei contratti collettivi (ad esempio il diritto al riposo giornaliero e settimanale, il diritto alle ferie, al versamento di contributi previdenziali) non sono valide.
L’impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinuncia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione dal rapporto di lavoro, con qualsiasi atto scritto idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore.
Decorso tale termine, gli atti di rinuncia e transazione diventano inoppugnabili.
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