b) in mancanza della forma scritta;
c) per i motivi discriminatori, ossia quando il licenziamento sia dovuta:
– dalla circostanza che il lavoratore aderisca o non aderisca ad una associazione sindacale, abbia partecipato ad uno sciopero;
– da ragioni di discriminazione politica, religiosa, razziale, di lingua, di sesso, di età o basate sull’orientamento sessuale o sulle convinzioni personali.
Nelle unità produttive di maggiori dimensioni, l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori prevede: la reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento del danno subito a seguito di licenziamento illegittimo dal lavoratore, commisurato alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegra e comunque non inferiore alle cinque mensilità.
La reintegrazione può essere sostituita, su richiesta del lavoratore, da un’ indennità sostitutiva pari a 15 mensilità, da aggiungersi al risarcimento.
E’ previsto un indennizzo economico onnicomprensivo legato all’anzianità di servizio e non soggetto a contribuzione previdenziale. Nello specifico il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità, non soggetta a contribuzione previdenziale, di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione utile per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità.
– il fatto materiale alla base del licenziamento per giustificato motivo soggettivo e per giusta causa è insussistente: spetta la reintegrazione sul posto di lavoro e il pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR dal giorno del licenziamento fino a quello della reintegrazione. La misura dell’indennità non può essere in ogni caso superiore a dodici mensilità;
– l’illegittimità del licenziamento – fermo restando il fatto materiale (ad es. la crisi aziendale) per difetto di motivazione o per vizi procedurali: il giudice dichiara comunque estinto il rapporto alla data del licenziamento e l’indennità erogata non può essere inferiore a un minimo di due e superiore a un massimo di dodici mensilità, variabili in base all’anzianità aziendale.
In caso di impugnativa del lavoratore, il datore di lavoro potrà revocare il licenziamento entro 15 giorni dalla relativa comunicazione, analogamente a quanto già previsto dalla Legge n.92/2012.
Gli importi indicati, nel caso di imprese con meno di 15 dipendenti, sono dimezzati e possono essere pari a massimo 6 mensilità dell’ultima retribuzione.