L’art. 2106 del Codice civile e l’art.7 dello Statuto dei Lavoratori prevedono e disciplinano, in capo al datore di lavoro, il potere di irrogare sanzioni disciplinari dipendenti che pongano in essere comportamenti in contrasto con gli obblighi contrattuali (di diligenza, di obbedienza e di riservatezza) derivanti dal rapporto di lavoro.
Le sanzioni disciplinari irrogabili sono quelle previste nel Codice Disciplinare, che a sua volta deve fare riferimento alla contrattazione collettiva.
Quelle normalmente previste nei contratti collettivi sono:
• Rimprovero verbale
• Richiamo scritto
• Multa: non può essere disposta per un importo superiore a quattro ore della retribuzione base
• La sospensione dal lavoro o della retribuzione, per un periodo non superiore ai dieci giorni
• Licenziamento disciplinare: qualora il lavoratore abbia commesso un inadempimento degli obblighi legali e contrattuali talmente grave, da rendere incompatibile la permanenza del lavoratore in azienda
• Richiamo scritto
• Multa: non può essere disposta per un importo superiore a quattro ore della retribuzione base
• La sospensione dal lavoro o della retribuzione, per un periodo non superiore ai dieci giorni
• Licenziamento disciplinare: qualora il lavoratore abbia commesso un inadempimento degli obblighi legali e contrattuali talmente grave, da rendere incompatibile la permanenza del lavoratore in azienda
Nei confronti del lavoratore sottoposto ad un procedimento disciplinare può essere adottato un provvedimento di “sospensione cautelare dal servizio” provvisorio, che viene meno al termine del procedimento stesso.
L’art. 7 dello Statuto dei lavoratori sancisce il divieto per il datore di lavoro di adottare un provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli contestato prima l’addebito e prevede, inoltre, che la contestazione deve essere fatta sempre per iscritto, qualora il provvedimento applicato sia più grave del rimprovero verbale.
Le sanzioni disciplinari che vengono irrogate, devono essere proporzionate al fatto commesso e contestato, secondo quanto previsto dall’art. 2106 Cod. civ.
Sulla relazione di proporzionalità tra sanzione disciplinare ed inadempimento influisce, comportandone un aggravamento della sanzione, l’eventuale “recidiva”, ossia nel caso in cui l’infrazione era già stata commessa.
L’ultimo comma dell’art. 7 St. dei Lav. stabilisce, tuttavia, che non può tenersi conto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione, quindi la possibilità di un aggravamento della sanzione risulta così circoscritto entro i limiti temporali precisi.
Come per le infrazioni anche la recidiva deve essere contestata per iscritto; non occorre una contestazione scritta quando la recidiva è assunta solo come criterio per definire l’entità della sanzione e non concorre ad integrarla.
Ferma restando la possibilità del lavoratore di adire all’autorità giudiziaria entro il termine ordinario di prescrizione, il lavoratore può impugnare il provvedimento disciplinare entro 20 giorni successivi all’irrogazione della sanzione disciplinare, nell’ambito delle procedure arbitrali previste dai contratti collettivi, promuovendo presso la Direzione provinciale del Lavoro, la costituzione di un Collegio di conciliazione ed arbitrato.
Per incentivare la via arbitrale, è previsto in questo caso la sospensione della sanzione disciplinare.