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Scatti di anzianità

In relazione all’anzianità di servizio la legge prevede, per i lavoratori, degli aumenti della propria retribuzione. L’aumento erogato a tale titolo concorre alla formazione della base imponibile per il calcolo dei contributi di assistenza e previdenza sociale; concorre alla formazione del reddito da lavoro dipendente.

L’imposta deve essere determinata in modo ordinario, applicando le aliquote per scaglioni di reddito in vigore nell’anno di erogazione. L’importo erogato a tale titolo concorre alla determinazione della retribuzione utile al calcolo del TFR.

In linea generale la periodicità degli scatti di anzianità può essere biennale o triennale. Il numero massimo degli scatti varia da un minimo di 5 ad un massimo di 12. Alcuni contratti poi, stabiliscono anche una quota di retribuzione che non può essere superata dal valore degli scatti di anzianità.

La giurisprudenza ormai consolidata sull’argomento ritiene che gli scatti di anzianità maturino dalla data di assunzione e non dal compimento di una determinata età. Per tanto le clausole che prevedono una siffatta normativa sono da considerarsi illegittime.

Generalmente gli scatti di anzianità decorrono sempre dal mese successivo a quello in cui si compie il biennio o il triennio di anzianità. Un’eccezione a questa regola è rappresentata dal lavoratore assunto il 1° del mese per il quale lo scatto decorre nel mese stesso di compimento.

Salvo diversa previsione del contratto collettivo la giurisprudenza ha affermato che gli scatti di anzianità possono essere assorbiti in caso di passaggio a categoria superiore. Solitamente vengono determinati in cifra fissa oppure in percentuale del solo minimo contrattuale.

Infine va detto che, l’anzianità di servizio stricto sensu non è oggetto di autonomo diritto, ma rappresenta un mero fatto giuridico e come tale non suscettibile di prescrizione.

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