Per il diritto fallimentare, l’imprenditore commerciale versa in stato di insolvenza quando non è più in grado di soddisfare le proprie obbligazioni.
La giurisprudenza consolidata nel corso degli anni afferma che lo stato di insolvenza deve essere tangibile, ossia ravvisabile dai comportamenti dell’imprenditore.
A tal proposito quindi, il legislatore segna un netto distinguo tra una semplice situazione di difficoltà economica e lo stato di insolvenza che sicuramente è più duraturo e persistente nel tempo.
Ai sensi dell’art. 5 L. Fallimentare, l’insolvenza può manifestarsi anche attraverso altri fattori esterni che rivelano in modo univoco l’impossibilità per il debitore di adempiere alle proprie obbligazioni.
Il fallimento è dichiarato su ricorso del debitore, di uno o più creditori o su richiesta del pubblico ministero.
Il pubblico ministero, ex art. 7 L.Fallimentare, presenta la richiesta di dichiarazione di fallimento laddove:
1) quando l’insolvenza risulta nel corso di un procedimento penale, ovvero dalla fuga, dalla irreperibilità o dalla latitanza dell’imprenditore, dalla chiusura dei locali dell’impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell’attivo da parte dell’imprenditore;
2) quando l’insolvenza risulta dalla segnalazione proveniente dal giudice che l’abbia rilevata nel corso di un procedimento civile.