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Contratti a termine

    • Contratti a termine: regole;
    • Quanto dura un contratto a termine?;
    • Quante volte si può rinnovare un contratto a termine?;
    • Altre specifiche dei contratti a termine.

CONTRATTI A TERMINE: REGOLE

Normativa

La disciplina dei contratti a tempo determinato è contenuta nel D.lgs. 81/2015 e nel D.L. 87/2018.

Divieti

Il termine alla durata di un contratto di lavoro subordinato non può essere apposto:

  • per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
  • presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto a termine;
  • presso unità produttive nelle quali è operante una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario, in regime di cassa integrazione, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato;
  • da parte di datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.

Forma

Eccezion fatta per i rapporti di lavoro di durata non superiore a 12 giorni, l’apposizione del termine al contratto di lavoro è priva di effetto se non risulta da atto scritto, con relativa copia che deve essere consegnata dal datore al lavoratore entro 5 giorni lavorativi dall’inizio della prestazione.

Causali

Se il contratto a termine viene stipulato per una durata non superiore a 12 mesi, allora non sarà necessario indicare le ragioni che legittimano l’apposizione del termine.

Invece, se il contratto ha una durata superiore a 12 mesi, ma non eccedente i 24 mesi, allora il contratto deve essere stipulato in presenza di almeno una delle seguenti causali:

  1. esigenze temporanee ed oggettive, estranee all’attività;
  2. esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
  3. esigenze connesse a incrementi temporaneisignificativi e non programmabili, dell’attività ordinaria;
  4. specifiche esigenze previste dai contratti collettivi.

L’omissione della specificazione delle causali, laddove richiesta, causa la conversione del rapporto in un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

QUANTO DURA UN CONTRATTO A TERMINE?

Durata massima

La durata di tutti i rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, non può superare i 24 mesi.

Qualora il limite di 24 mesi sia superato, il rapporto si trasforma in contratto a tempo indeterminato.

Prosecuzione del rapporto oltre la scadenza

Fermo il limite di durata massima, se il rapporto continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato, il datore di lavoro dovrà corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari:

  • al 20% fino al 10° giorno successivo;
  • al 40% per ciascun giorno ulteriore.

Il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato:

  • se il rapporto di lavoro continua oltre il 30° giorno, in caso di contratto di durata inferiore a 6 mesi;
  • se il rapporto continua oltre il 50° giorno negli altri casi.

Contratto in deroga presso l’ITL

Ferma restando la durata massima, un ulteriore contratto a termine fra le stesse parti, della durata massima di 12 mesi, può essere stipulato presso la sede locale dell’ITL competente per territorio.

In caso di mancato rispetto di tale procedura o di superamento del termine previsto dal contratto, lo stesso si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di stipulazione.

Il datore ha sempre l’onere di indicare una delle causali.

La procedura può essere svolta anche da remoto. In tal caso, il provvedimento finale o il verbale si perfeziona con la sola sottoscrizione del funzionario incaricato.

L’ITL non può procedere alla stipulazione del contratto a termine in deroga ove non sia stata indicata la causale e/o non siano state rispettate le pause intermedie di 10 o 20 giorni.

Proroghe

Il contratto a termine può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la sua durata iniziale sia inferiore a 24 mesi e per un massimo di 4 volte nell’arco di 24 mesi, a prescindere dal numero dei contratti.

Se il numero di proroghe è superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato.

Il contratto può essere prorogato:

  1. liberamente nei primi 12 mesi;
  2. successivamentesolo in presenza delle causali sopra menzionate.

Il datore di lavoro deve comunicare entro 5 giorni al Ministero del Lavoro la proroga del contratto di lavoro a termine utilizzando il modello Unificato Lav.

QUANTE VOLTE SI PUÒ RINNOVARE UN CONTRATTO A TERMINE?

Rinnovi

Si ricade nell’ipotesi di rinnovo qualora un nuovo contratto a termine decorra dopo la scadenza del precedente contratto.

Il contratto può essere rinnovato solo a fronte della sussistenza delle causali.

In caso di rinnovo del contratto senza una delle causali, il contratto si trasforma a tempo indeterminato.

Stop and go

È consentita la riassunzione a termine del lavoratore, a condizione che tra la fine del precedente contratto e l’inizio del nuovo rapporto trascorra un intervallo minimo (c.d. “stop and go”) di:

  • 20 giorni se il contratto scaduto aveva una durata superiore a 6 mesi;
  • 10 giorni per i contratti di durata pari o inferiore a 6 mesi.

Se questo intervallo minimo non viene rispettato il secondo contratto si considera a tempo indeterminato.

ALTRE SPECIFICHE DEI CONTRATTI A TERMINE

Numero complessivo di contratti a termine

A meno che i contratti collettivi (o aziendali) dispongano diversamente, non possono essere assunti lavoratori a tempo determinato in misura superiore al 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza dal 1° gennaio dell’anno di assunzione.

Violazione dei limiti numerici

Se l’assunzione a termine avviene in violazione del limite percentuale previsto dalla legge (cioè fino a 1 dipendente a termine se l’organico stabile non supera le 5 unità, il 20% negli altri casi), restando esclusa la trasformazione dei contratti interessati in contratti a tempo indeterminato, per ciascun lavoratore si applica una sanzione amministrativa di importo pari:

  • al 20% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale non è superiore a 1;
  • al 50% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale è superiore a 1.

Diritto di precedenza

Il diritto di precedenza nella riassunzione a termine presso lo stesso datore di lavoro è diversamente articolato a seconda che si tratti:

  • di un lavoro stagionale;
  • di un normale rapporto di lavoro a termine;
  • che ne sia parte una lavoratrice che abbia fruito del congedo di maternità.

Ricordando, tuttavia, che il diritto di precedenza deve essere espressamente richiamato nell’atto scritto di assunzione.

Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, il lavoratore che, nell’esecuzione di uno o più contratti a termine presso la stessa azienda, abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a 6 mesi, ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi 12 mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine.

Detto diritto di precedenza opera solo a condizione che il lavoratore abbia dichiarato di volersene avvalere e solo nei casi in cui il datore assume nuovi lavoratori a tempo indeterminato, mentre ciò non si verifica nel caso di modifica di un contratto a tempo determinato in tempo indeterminato.

Principio di non discriminazione

Al lavoratore a tempo determinato spetta il trattamento economico e normativo in atto nell’azienda per i lavoratori a tempo indeterminato comparabili, intendendosi per tali quelli inquadrati nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dalla contrattazione collettiva ed in proporzione al periodo lavorativo prestato.

In caso di inosservanza di tali obblighi, il datore di lavoro è punito con la sanzione amministrativa da € 25,82 a € 154, 94.

Se l’inosservanza si riferisce a più di 5 lavoratori, si applica la sanzione amministrativa da € 154,94 a € 1.032,91.

Recesso anticipato

Le parti possono recedere legittimamente dal rapporto prima della scadenza del termine esclusivamente in ipotesi di particolare gravità.

Il lavoratore può rassegnare le dimissioni prima della scadenza del contratto soltanto in presenza di una giusta causa che non consente la prosecuzione del rapporto.

In tale ipotesi il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno, determinato in misura pari all’ammontare delle retribuzioni che avrebbe percepito se il contratto avesse avuto la durata prevista, a meno che, nel frattempo, non abbia trovato un’altra occupazione (Cass. 15 novembre 1996 n. 10043). Non è comunque dovuta l’indennità sostitutiva del preavviso.

In caso di dimissioni prive di giusta causa la legge non prevede espressamente l’obbligo di risarcimento del danno da parte del lavoratore. La giurisprudenza (Cass. 23 dicembre 1992 n. 13597), dal canto suo, ha ravvisato nella mancanza di giusta causa un palese inadempimento contrattuale, cui consegue il risarcimento integrale del danno provocato al datore di lavoro, da quantificare secondo le norme comuni e non nella misura indicata dal codice civile per il recesso dal contratto a tempo indeterminato (art. 2118 c.c.).

Il datore di lavoro può recedere dal contratto prima della scadenza del temine esclusivamente in presenza di giusta causa o per impossibilità sopravvenuta della prestazione se l’evento, pur se prevedibile, non era evitabile.

Deve, però, esistere un interesse apprezzabile alle future prestazioni lavorative (Cass. 28 giugno 2013 n. 16414; Cass. 3 agosto 2004 n. 14871; Cass. 20 aprile 1995 n. 4437).

In caso di recesso illegittimo del datore di lavoro, il lavoratore non ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, ma soltanto al riconoscimento della retribuzione che avrebbe percepito fino alla scadenza del contratto (Cass. 22 agosto 2016 n. 17240).

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