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Lavoro nero irregolare

Definito anche “lavoro irregolare” o “lavoro clandestino”, si può realizzare in diverse forme, caratterizzate sempre dalla violazione di norme inderogabili o di ordine pubblico.

Nel caso in cui la violazione riguarda la costituzione irregolare del rapporto, allora il contratto di lavoro è nullo per illiceità della causa.

Negli altri casi in cui il rapporto è regolarmente costituito, la violazione di norme inderogabili viene sanzionata, ma non determina la nullità del contratto.

  • Maxi sanzione in caso di lavoro nero;
  • Azioni previste in caso di lavoro nero;
  • Condizioni per la revoca del provvedimento sospensivo.

MAXI SANZIONE IN CASO DI LAVORO NERO

Maxi sanzione

Il datore di lavoro che occupa personale in nero, vale a dire lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di assunzione, è soggetto alla “maxi sanzione”.

Casi in cui viene applicata

In caso di applicazione della maxi sanzione non si applicano le altre sanzioni amministrative ordinarie previste in caso di mancate comunicazioni obbligatorie e di omessa o infedele registrazione sul LUL.

La maxi sanzione è commisurata ai giorni di effettivo impiego nel lavoro irregolare:

  • Impiego effettivo del lavoratore fino a 30 giorni: da € 1.800 a € 10.800 per ciascun lavoratore irregolare.
  • Impiego effettivo del lavoratore da 31 fino a 60 giorni: da € 3.600 a € 21.600 per ciascun lavoratore irregolare.
  • Impiego effettivo del lavoratore oltre 60 giorni: da € 7.200 a € 43.200 per ciascun lavoratore irregolare.

Situazioni nelle quali non è prevista la maxi sanzione

La maxi sanzione non si applica, nei seguenti casi:

  • ai datori di lavoro domestico;
  • in caso di rapporti di lavoro instaurati con lavoratori autonomi e parasubordinati, per i quali non è stata fatta, se prevista, la comunicazione preventiva;
  • se dagli adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti, risulta comunque la volontà di non occultare il rapporto. In tal caso, si applicano solo la sanzione ordinaria per mancata comunicazione preventiva e quelle dovute per le differenze contributive;
  • se il datore, prima dell’accesso ispettivo e dell’avvio dell’accertamento, ha regolarizzato spontaneamente ed integralmente il rapporto di lavoro avviato in origine senza la preventiva comunicazione. In particolare, la sanzione non si applica al datore che:
    • prima della scadenza del primo adempimento contributivo ha effettuato la comunicazione dalla quale risulta la data di effettiva instaurazione del rapporto;
    • dopo la scadenza del primo adempimento contributivo, ha denunciato la propria situazione debitoria entro i 12 mesi dal termine di pagamento dei contributi o dei premi INAIL.
  • nei casi di impossibilità per il datore di effettuare la comunicazione del rapporto di lavoro a causa della chiusura dello studio di consulenza o associazione di categoria cui il datore ha affidato la gestione degli adempimenti. In tal caso occorre verificare:
    • l’affidamento degli adempimenti in materia di lavoro al soggetto abilitato e la effettiva chiusura dello studio/ufficio;
    • l’invio a mezzo fax mediante modello UniUrg della comunicazione preventiva di assunzione.

AZIONI PREVISTE IN CASO DI LAVORO NERO

Procedura

Ad eccezione per i casi di impiego di lavoratori stranieri, di minori o di lavoratori beneficiari del Reddito di cittadinanza, si applica la procedura di diffida, che prevede:

  • la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato o un contratto a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a 3 mesi. A tal fine, non è possibile stipulare un contratto di lavoro intermittente, mentre è possibile la stipulazione di un contratto di apprendistato;
  • il mantenimento in servizio dei lavoratori oggetto di regolarizzazione per almeno 3 mesi, al netto del periodo di lavoro prestato in nero, che andrà comunque regolarizzato.

A seguito dell’ispezione, entro 120 giorni dalla notifica del relativo verbale, deve trovare pieno compimento l’intero periodo trimestrale di mantenimento in servizio del lavoratore. In caso contrario, la diffida non si ritiene adempiuta.

La diffida ha come oggetto, esclusivamente, la regolarizzazione del periodo lavorato in nero nelle ipotesi di lavoratori:

  • regolarmente occupati per un periodo lavorativo successivo a quello prestato in nero;
  • irregolarmente occupati ma non più in forza al momento dell’ispezione.

Il datore, entro 45 giorni dalla notifica della diffida, deve provare la copertura del precedente periodo di occupazione irregolare, rettificando la data di effettivo inizio del rapporto di lavoro, del pagamento delle sanzioni in misura minima e dei contributi riferibili al periodo di lavoro in nero.

Il trasgressore che, prima della redazione del verbale, documenti i seguenti adempimenti, viene ammesso direttamente al pagamento della sanzione minima (cd. “diffida ora per allora”):

  • regolarizzazione dell’intero periodo di lavoro in nero;
  • stipula del contratto di lavoro secondo le tipologie prescritte;
  • mantenimento in servizio del lavoratore per 3 mesi (almeno 90 giorni), compreso il versamento dei relativi contributi e premi.

In tali casi, le sanzioni devono essere pagate entro 120 giorni dalla notifica del verbale.

All’irrogazione delle sanzioni provvedono gli organi di vigilanza, che effettuano accertamenti in materia di lavoro, fisco e previdenza.

L’autorità competente a ricevere il rapporto, è l’ufficio territoriale dell’Ispettorato del Lavoro.

Sospensione dell’attività

Ferme restando le sanzioni, l’impiego di personale in nero è punito con il provvedimento di sospensione della parte di attività imprenditoriale interessata dalla violazione, adottato dal personale ispettivo dell’INL.

Il provvedimento è adottato anche in caso di gravi violazioni della normativa sulla sicurezza sul lavoro.

Il personale ispettivo adotta il provvedimento di sospensione nell’immediatezza degli accertamenti, nonché su segnalazione di altre Amministrazioni, entro 7 giorni dal ricevimento del relativo verbale.

La sospensione è disposta quando il numero dei lavoratori irregolari è pari o > al 10% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro.

Quando considerare irregolari i lavoratori?

Si possono considerare irregolari:

  • i lavoratori rispetto ai quali non è stata effettuata la comunicazione al Ministero del Lavoro oppure la denuncia nominativa all’INAIL;
  • i soggetti riconducibili alla nozione di lavoratore secondo la normativa sulla sicurezza sul lavoro, rispetto ai quali non si è provveduto a formalizzare il rapporto. 

La percentuale del 10% deve essere individuata sul totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro al momento dell’accesso ispettivo, computando sia i lavoratori regolari sia i lavoratori in nero e i lavoratori autonomi occasionali in assenza delle condizioni richieste.

Il provvedimento deve essere adottato ogni qualvolta ne sono accertati i presupposti, salvo che sussistano circostanze particolari che suggeriscano agli organi di vigilanza l’opportunità di non adottarlo. Si considerano tali le esigenze di:

  • tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Il provvedimento non va adottato se l’interruzione dell’attività svolta determina, a sua volta, una situazione di maggior pericolo per l’incolumità dei lavoratori;
  • garanzia del regolare funzionamento di un’attività di servizio pubblico, anche in concessione, per non pregiudicare il godimento di diritti costituzionalmente garantiti;
  • evitare un grave danno agli impianti, alle attrezzature o ai beni.

Il provvedimento di sospensione è disposto in relazione alla parte dell’attività:

  • imprenditoriale interessata dalle violazioni; gli effetti del provvedimento vanno circoscritti alla singola unità produttiva rispetto alla quale sono stati verificati i presupposti per la sua adozione;
  • lavorativa prestata dai lavoratori che non hanno ricevuto adeguata formazione e addestramento o che non sono stati dotati dei DPI.

Gli effetti della sospensione possono essere fatti decorrere dalle ore 12 del giorno lavorativo successivo o dalla cessazione dell’attività lavorativa in corso che non può essere interrotta.

Il datore deve corrispondere la retribuzione e versare i contributi ai lavoratori interessati dall’effetto del provvedimento di sospensione.

L’inosservanza del provvedimento di sospensione implica l’arresto da 3 a 6 mesi o l’ammenda da € 2.500 a € 6.400.

Per tutto il periodo di sospensione è vietato all’impresa di contrarre con la pubblica amministrazione e con le stazioni appaltanti.

Pertanto, il provvedimento di sospensione è comunicato all’Autorità Nazionale Anticorruzione e al Ministero delle Infrastrutture.

Se il lavoratore irregolare risulta l’unico occupato dall’azienda, non può essere disposta la sospensione, ma si procede all’allontanamento del lavoratore fino al momento in cui il datore di lavoro non abbia provveduto a regolarizzarne la posizione.

CONDIZIONI PER LA REVOCA DEL PROVVEDIMENTO SOSPENSIVO

Revoca

Il provvedimento di sospensione può essere revocato da parte del personale ispettivo che l’ha adottato, previa verifica della relativa documentazione.

Le condizioni per la revoca sono:

  • la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria;
  • il ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro;
  • la rimozione delle conseguenze pericolose delle violazioni commesse dal datore di lavoro in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro;
  • il pagamento di una somma aggiuntiva, nelle ipotesi di lavoro irregolare, pari a: € 2.500 fino a 5 lavoratori irregolari; € 5.000 per più di 5 lavoratori irregolari.

Su istanza di parte, la revoca può altresì essere concessa versando:

  • il 20% della somma aggiuntiva dovuta;
  • l’importo residuo, maggiorato del 5% entro 6 mesi dalla data di presentazione dell’istanza di revoca.
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