La questione dell’accesso alla Cassa Integrazione per i lavoratori distaccati è un argomento di attuale dibattito giurisprudenziale.
Il d.lgs. 276/2003 disciplina il distacco di lavoratori, stabilendo nell’art. 30, comma 1, che la legittimità del distacco è subordinata all’interesse del distaccante e alla temporaneità della disposizione.
Il lavoratore mantiene un rapporto di lavoro con il distaccante, pur prestando servizio per il distaccatario.
Il distacco può essere revocato dal datore di lavoro.
L’art. 30 prevede inoltre che il distaccante è responsabile delle condizioni economiche e normative del lavoratore distaccato. La Circolare del Ministero del Lavoro n° 3/2004 ha sottolineato che non esiste un obbligo di rimborso dei costi al distaccante da parte del distaccatario, sebbene questo possa essere concordato contrattualmente.
Con la circolare n° 28/2008, il Ministero del Lavoro ha confermato la validità del distacco come alternativa alla cassa integrazione. L’INPS, attraverso varie comunicazioni, ha ribadito la natura esclusiva dei due meccanismi (con la circolare n. 41/2006, il messaggio n° 3777/2019 e più recentemente con la circolare n. 58/2020).
La questione controversa emerge quando un lavoratore distaccato, il cui trattamento economico è a carico del distaccatario, si trova in un’azienda in crisi. Come sappiamo la Cassa Integrazione, gestita dall’INPS, interviene per coprire la retribuzione perduta durante i periodi di sospensione o riduzione del lavoro. Tuttavia, l’applicabilità di questo istituto ai lavoratori distaccati è incerta.
Diversi tribunali, tra cui quelli di Milano e Pavia, hanno espresso opinioni contrastanti. Alcune sentenze riconoscono il diritto dei lavoratori distaccati alla Cassa Integrazione, mentre altre sostengono la posizione dell’INPS, che vede i due istituti come incompatibili.
Pertanto, è necessario attendere le decisioni delle Corti d’appello e della Cassazione per una interpretazione definitiva e chiara della normativa in vigore.