L’agenzia delle Entrate con la circolare n.25 del 18 agosto 2023 ha esaminato le implicazioni fiscali applicabili ai lavoratori residenti all’estero anche con riferimento alle agevolazioni previste per coloro che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia.
Il quadro delineato crea diversi dubbi applicativi per i datori di lavoro che debbano correttamente valutare l’applicabilità di regimi agevolativi e conseguentemente poter adempiere gli obblighi del sostituto d’imposta all’Italia o all’estero.
L’A.E. chiarisce che il solo fatto di svolgere la prestazione lavorativa in smart working all’estero è irrilevante per la determinazione della residenza fiscale del lavoratore.
È sufficiente infatti per fissare la residenza fiscale dello smart worker in Italia che il lavoratore abbia almeno una delle tre condizioni previste dall’art. 2 del Testo Unico delle Imposte sui redditi TUIR ossia essere iscritto all’anagrafe dei residenti oppure avere il domicilio o la residenza in Italia.
b anche per l’applicazione del c.d. “speciale regime per i lavoratori impatriati“ ex art 16 del D.lgs 147 del 14 settembre 2015 e del c.d. “regime speciale per docenti e ricercatori” di cui all’art. 44 del DL 78/2010 convertito dalla Legge 122/2010.
Possono infatti usufruire del regime degli impatriati, ad esempio, coloro che lavorano per un datore di lavoro estero ma che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia e che svolgono la propria prestazione lavorativa in maniera permanente nel territorio italiano, viceversa, il lavoratore dipendente di un’azienda italiana che trasferisca la propria residenza all’estero per svolgere in smart-working le attività perderà il beneficio fiscale.
La normativa è invece diversa per i docenti/ricercatori i quali non avranno diritto al beneficio nel caso in cui pur trasferendo la residenza fiscale in Italia continuino a svolgere attività in smart working per un’università o un ente di ricerca estero.
La circolare analizza poi i casi problematici nei quali non vi sia coincidenza tra la residenza fiscale del lavoratore ed il luogo nel quale di esplicano gli effetti dell’attività lavorativa ed i casi in cui il lavoratore è considerato residente, secondo le rispettive norme nazionali, sia nello stato dal quale si è spostato per svolgere l’attività lavorativa che nello stato nel quale si è trasferito.
In questo ultimo caso l’A.E. dispone che per poter verificare la residenza fiscale del lavoratore occorre fare riferimento alla normativa transnazionale, prevalente su quella nazionale, rappresentata dagli eventuali trattati contro le doppie imposizioni stipulate tra gli stati. Le regole da utilizzare per stabilire dove il dipendente debba essere considerato residente sono quelle del c.d. “tie-break rules” occorre quindi valutare nell’ordine dove il lavoratore abbia:
- un’abitazione permanente;
- dove abbia il centro degli interessi vitali (economici e personali);
- dove dimori abitualmente;
- la cittadinanza.
Nei casi dubbi sono gli Stati che decidono di comune accordo dove debba essere considerato residente il lavoratore.