L’indennità di vacanza contrattuale è un elemento variabile e provvisorio della retribuzione introdotto dall’Accordo Interconfederale del 23 luglio 1993 come strumento di adeguamento automatico delle stesse finalizzato a non penalizzare i redditi dei lavoratori durante i periodi di trattativa sindacale che precedono i rinnovi dei CCNL.
Tale istituto è stato introdotto dall’accordo citato in ragione dell’abolizione del sistema di indicizzazione automatica delle retribuzioni (ex contingenza o scala mobile ) e prevedeva la maturazione dell’indennità di vacanza contrattuale dopo 3 mesi dalla scadenza del CCNL.
Diversamente invece, i successivi Accordi Interconfederali del 2009 (l’Accordo interconfederale delle parti sociali del 15.04.2009 e l’Accordo quadro del 22.01.2009) hanno modificato le previsioni del Protocollo del 1993 rimandando la relativa disciplina alla contrattazione collettiva che ne definisce – per singolo settore – le procedure per la presentazione delle richieste sindacali, l’avvio e lo svolgimento delle trattative.
Ha altresì previsto, all’art. 2.4, che il mancato rispetto delle procedure comporta la mancanza di erogazione dell’indennità.
Alla luce di quando sopra esposto, essendo l’indennità di vacanza contrattuale un ristoro al lavoratore che nelle more della sottoscrizione di un nuovo CCNL sopporta il mancato adeguamento retributivo, la giurisprudenza si è interrogata sull’obbligo del datore di lavoro di corrispondere il suddetto importo per l’intero a tutti i dipendenti indipendentemente dal fatto che fossero in forza nel momento di vacanza contrattuale qualora il precedente contratto collettivo applicato avesse disposizioni diverse in materia.
Sul punto si è recentemente espressa la Cassazione l’ordinanza 6 ottobre 2023, n. 28186.
La vicenda trae origine dalla condanna in primo e secondo grado della Gierre srl, in solido con Trenitalia al pagamento in favore di un suo dipendente dell’intero importo di vacanza contrattuale pari a 44 mesi.
Tuttavia, il dipendente era stato assunto a seguito della cessione di contratto di appalto avente ad oggetto la pulizia dei convogli ferroviari e pertanto non era stato alle dipendenze della società per tutti i 44 mesi precedenti.
Le società sono quindi ricorse in Cassazione chiedendo la riforma della sentenza di primo e secondo grado.
La Cassazione ha riformato le Sentenze con conseguente rigetto della originaria domanda proposta dal lavoratore al pagamento della somma di € 305,00 pari alla differenza tra quanto percepito e quanto a lui spettante a titolo di una tantum a copertura della vacanza contrattuale di 44 mesi, ciò in continuità rispetto