L’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori (L. 300/1970), così come modificato dal Decreto Legislativo n. 151/2015, prevede la possibilità di utilizzare impianti audiovisivi e altri strumenti per finalità di controllo a distanza dei lavoratori esclusivamente nei casi in cui l’installazione di tali dispositivi sia necessaria per esigenze produttive, organizzative, di sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale previo, comunque, accordo collettivo stipulato con le rappresentanze sindacali o, in mancanza di accordo, tramite autorizzazione da parte dell’ispettorato del lavoro.
La necessità di un preventivo accordo o dell’autorizzazione dell’Ispettorato non è, invece, prevista nel caso di strumenti utilizzati dai lavoratori per rendere l’attività lavorativa o comunque per rilevare accessi e presenze.
Tutte le informazioni raccolte secondo le finalità sopracitate sono utilizzabili ad ogni fine, anche disciplinare, connesso al rapporto di lavoro a condizione che il lavoratore sia debitamente informato sulle modalità d’usodi tali strumenti.
Secondo la Corte di cassazione, Sez. III Penale, 17 dicembre 2019, n. 50919, integra il reato ex art. 4 Statuto dei Lavoratori anche l’ipotesi in cui l’installazione di un sistema di videosorveglianza potenzialmente in grado di controllare a distanza l’attività dei lavoratori, in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali e di un provvedimento autorizzativo dell’autorità amministrativa, sia concessa per iscritto da parte di tutti i dipendenti. La Corte, infatti, osserva come la tutela penale sia rivolta alla salvaguardia di interessi di tipo collettivo, quindi il consenso dei lavoratori non assume alcun rilievo esimente rispetto alla sanzione penale.
(Corte di Cassazione, Sez. III Penale, 17 dicembre 2019, n. 50919)