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Licenziamento per giusta causa: furto lieve in danno al datore di lavoro

Secondo il provvedimento del Tribunale di Milano del 24 luglio 2022 nell’ipotesi di licenziamento per giusta causa e nel caso di appropriazione di beni aziendali, seppur di modico valore, non rileva la quantità dei beni trafugati quanto, piuttosto, il fatto che la condotta lede il legame di fiducia tra datore di lavoro e lavoratore, quale fondamento del rapporto di lavoro subordinato.

Nello specifico l’atto di appropriarsi di un bene aziendale rientra in quei comportamenti che violano il “minimo etico” della coscienza sociale pertanto, è irrilevante che l’atto sia in violazione di una specifica norma etica aziendale o di altra policy specifica: esso costituisce già di per sé un atto grave e rilevante tale da ledere il rapporto di fiducia su cui si fonda il rapporto di lavoro e, di conseguenza, rappresenta giusta causa di licenziamento secondo quanto disposto dall’articolo 2119 c.c.

Alla luce di quanto premesso quello che può sembrare sproporzionato è il provvedimento di espulsione del lavoratore a seguito di un danno di lieve entità subito dal datore di lavoro. Tuttavia, la giurisprudenza risolve questa questione ponendo l’enfasi sul fatto che quello che va a compromettersi irrimediabilmente è il rapporto fiduciario e, conseguentemente, non possono più esistere i presupposti fondanti per la prosecuzione del rapporto.

Nella fattispecie è il caso di un lavoratore che, durante i rifornimenti con l’auto aziendale, caricava i punti fedeltà sulla propria carta carburante in misura doppia rispetto a quella normalmente spettante per ottenere più velocemente il limite punti che dava diritto a ottenere una confezione di pasta. Il lavoratore chiedeva, quindi, al distributore di carburante di attribuire questi punti attraverso il rifornimento a una categoria superiore di gasolio “high performance” che però non figurava nella ricevuta di pagamento.

Tutto questo induceva, quindi, in errore anche il datore di lavoro attraverso la produzione di documentazione non veritiera.

Questo tipo di comportamento da parte del lavoratore viola palesemente le norme più basilari di correttezza e buona fede previste dagli articoli 1175 e 1375 del c.c. e rappresenta un comportamento altresì contrario ai doveri di diligenza e fedeltà a cui un dipendente deve attenersi secondo quanto disposto dagli articoli 2104 e 2105 del c.c.

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