Licenziamento per giustificato motivo oggettivo: necessaria la soppressione del posto, ma non di tutte le mansioni svolte dal dipendente licenziato
Il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo a norma dell’art.3 della L. 604/1966 può essere irrogato per “ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”, ovvero in casi di soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto di lavoro ricoperto dal dipendente, anche senza la soppressione di tutte le mansioni svolte dal lavoratore.
Le scelte del datore di lavoro, in merito alle quali il giudice non può esprimere giudizi di congruità e opportunità purché tali scelte siano effettive e non simulate, possono mirare anche a incidere sulla struttura e organizzazione dell’impresa in termini anche di miglior efficienza e incremento della reddittività.
Inoltre, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo passa attraverso la previa verifica sulla possibilità di un ricollocamento del dipendente in altre mansioni aziendali compatibili con il suo livello di inquadramento (c.d. obbligo di repêchage), perseguendo quindi il principio sia di tutela costituzionale del lavoro che dell’effettiva necessità di ricorrere al recesso per ragioni oggettive, legate all’andamento e all’organizzazione aziendale e non meramente pretestuose del datore ed eventualmente condizionate da fini espulsivi legati alla persona del lavoratore.
In merito alla ripartizione dell’onere della prova, resta a carico del datore di lavoro la necessità di dimostrare la sussistenza dei presupposti, anche mediante il ricorso a presunzioni, necessari a giustificare il recesso. Mentre resta, invece, escluso, come ribadito dal provvedimento in esame, l’onere di allegazione da parte del lavoratore di indicare eventuali posti assegnabili.
(Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, 20 ottobre 2022, n. 30950)