Il Tribunale di Torino ha recentemente emesso una sentenza che potrebbe avere un impatto significativo sui diritti dei lavoratori. Con la decisione n. 429 del 27 aprile 2023, il tribunale ha stabilito che i lavoratori che rifiutano un trasferimento a una sede distante e si dimettono per giusta causa hanno diritto a ricevere l’indennità di disoccupazione (Naspi), senza dover dimostrare che il trasferimento non fosse giustificato.
Questa impostazione risulta in contrasto con il contenuto del messaggio Inps 369/2018, che riguardava il riconoscimento della Naspi per i lavoratori che si dimettono dopo essere stati trasferiti a una sede distante più di 50 km dalla loro residenza o raggiungibile con più di 80 minuti di trasporto pubblico.
Il caso in esame riguarda una lavoratrice che ha ricevuto l’ordine di trasferirsi a una sede distante più di 50 km dal suo precedente luogo di lavoro. Dopo aver rassegnato le dimissioni per giusta causa nel maggio 2022, citando il “rifiuto di trasferimento in altra sede a oltre 80 km dalla residenza”, ha firmato un accordo di conciliazione con il suo datore di lavoro per evitare ulteriori contenziosi.
Tuttavia, quando la lavoratrice ha richiesto la Naspi, la sua richiesta è stata respinta. L’INPS ha motivato la decisione sostenendo che, in caso di trasferimento a più di 50 km dalla residenza del lavoratore, la cessazione del rapporto di lavoro deve avvenire per risoluzione consensuale per poter accedere alla Naspi. Nel caso di dimissioni per giusta causa, l’INPS ha insistito sul fatto che il lavoratore dovesse dimostrare che il trasferimento non fosse sostenuto da ragioni tecniche, organizzative e produttive, indipendentemente dalla distanza tra la residenza del lavoratore e la nuova sede di lavoro.
Il Tribunale di Torino, tuttavia, ha annullato questa prassi dell’INPS, sostenendo che questa non fosse supportata dal testo della legge. L’articolo 3 del Dlgs 22/2015 prevede infatti che il lavoratore abbia diritto alla Naspi se risulta in stato di disoccupazione e se ha perso involontariamente il proprio lavoro.
Nel messaggio 369/2018, l’INPS aveva stabilito una distinzione tra i casi di trasferimento a una sede distante più di 50 km dalla residenza (o raggiungibile con un tempo di viaggio superiore a 80 minuti con i mezzi pubblici).
Se la cessazione del rapporto di lavoro avveniva attraverso una risoluzione consensuale, la Naspi veniva riconosciuta senza problemi. In caso di dimissioni per giusta causa, invece, l’INPS richiedeva che il lavoratore dimostrasse l’assenza di valide ragioni tecniche, organizzative o produttive per il trasferimento.
Il Tribunale di Torino ha ritenuto che tale distinzione imposta dall’INPS fosse ingiustificata e illegittima, considerando l’assenza di un riferimento normativo che la sostenesse.