Con provvedimento nr. 37716 del 23 dicembre 2022 la Corte di Cassazione ha ribadito che il datore di lavoro non può sospendere unilateralmente il rapporto di lavoro, a meno che ricorrano le ipotesi di impossibilità della prestazione lavorativa totale o parziale previste dagli artt. 1463 e 1464 del Codice civile.
Nel caso in cui il datore di lavoro si trovi in una di queste due ipotesi – in un eventuale contenzioso – ha l’onere di provarne l’esistenza, senza che possano assumere importanza gli eventi imputabili alla stessa gestione imprenditoriale, compresa la diminuzione o l’esaurimento dell’attività produttiva.
Il dipendente “sospeso”, dunque, non è tenuto a provare di aver messo a disposizione la sua prestazione lavorativa, poiché la sospensione decisa unilateralmente dal datore fa sorgere l’ipotesi della c.d. “mora del creditore” ossia un caso in cui il creditore-datore di lavoro, senza motivo legittimo, rifiuta di ricevere la prestazione o di compiere quanto è necessario affinché il debito-lavoratore possa adempiere alle proprie obbligazioni contrattuali.
Salvo, quindi, casi in cui sopravvengono circostanze incompatibili con la volontà del dipendente di protrarre il rapporto, il lavoratore conserva, per il periodo interessato, il diritto alla retribuzione.
(Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, 23 dicembre 2022, n. 37716)